Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 30 settembre 2013

Il sacerdozio appiattito a mestiere

Una scenetta surreale, quasi da Arcipelago GULag: in Cattedrale, al termine della messa con ordinazione sacerdotale, alcuni seminaristi che avevano prestato "servizio liturgico" si avviano verso la navata laterale per andare in sacrestia, anziché affollarsi con gli altri al suo angusto ingresso di servizio. Uno dei preti concelebranti getta uno sguardo di fuoco ad un altro prete, che immediatamente con voce stridula ammonisce il gruppetto nella navata laterale: «non mettetevi in mostra! tornate in sacrestia!» Ma è troppo tardi: di spalle, quelli avranno fatto finta di non sentire. 

La gravissima trasgressione di alcuni di quei seminaristi è consistita nel togliersi la "cotta" bianca anzitempo, attraversando i pochi metri di navata laterale solo con la veste talare nera. «Non mettetevi in mostra!»: turiste discinte e avventori trasandati e rumorosi non sono considerati un problema per il decoro della cattedrale, ma se un seminarista percorre cinque o sei metri in talare (tanto più a margine di una lunga messa in cui il popolo di Dio manifesta solo la fretta di uscire o di farsi la foto col novello sacerdote) è uno scandalo, è un "mettersi in mostra".

Mentre in Paradiso inizia un'enorme tripudio di santi per l'operaio in più per la molta messe, l'operaio in questione esce dalla sacrestia abbigliato da asettico funzionario curiale: il clergyman, che probabilmente non indosserà più in vita sua (e non certo a favore della talare). Non vuole "mettersi in mostra" nemmeno un minuto dopo i sacri ordini. Perfettamente integrato nel Sistema.

domenica 29 settembre 2013

Crisi dei Francescani dell’Immacolata: una via per la pacificazione

Un lettore mi invia questo suo articolo sulla vicenda dei Francescani dell'Immacolata, che pubblico volentieri. Esso segue la precedente efficace sintesi di Campari & De Maistre e propone una soluzione, forse la migliore praticabile. Ovviamente l'attuazione pratica dovrebbe partire dalle iniziative di chi è coinvolto e se ne volesse assumere la responsabilità e l'onere. I fedeli hanno fatto sentire ufficialmente la loro voci, ma purtroppo sono stati finora - ed è passato un lungo periodo - ignorati. E' un regime tirannico che, come credenti fedeli alla Tradizione, non ci assicura e non ci conforta. Attendiamo pregando. Non si tratta di un "caso" isolato, ma di una vicenda emblematica e relative conseguenze che ricadono e ricadranno sulla Chiesa tutta.

Da quando, a luglio scorso, è stato reso pubblico il Decreto di Commissariamento dell’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata, è sorto un dibattito pubblico piuttosto acceso tra i fautori del Decreto e i suoi oppositori, tra la linea del Fondatore Padre Stefano Manelli e quella dei 5 sacerdoti che hanno fatto, a torto o a ragione, ricorso alla Congregazione dei Religiosi.

Nelle ultime settimane, tale dibattito pubblico ha preso dei toni molto accesi e indubbiamente eccessivi, con attacchi incrociati, insulti gratuiti, vere e proprie diffamazioni a mezzo stampa, ma soprattutto a mezzo web e per il tramite di Facebook. Tutto è iniziato ad aggravarsi con la pubblicazione del Questionario che il Visitatore Apostolico aveva inviato ai frati professi e che conteneva delle domande capziose e poco benevole verso l’operato del Consiglio Generale dell’Ordine.

Il nuovo corso dei Francescani dell'Immacolata, tra bugie, reticenze e svarioni mediatici

Ottima obbiettiva sintesi di Marco Mancini, su Campari & De Maistre, del "caso" dei Francescani dell'Immacolata. Specchio del clima avvelenato nei confronti della Tradizione, ora imperante con l'avallo di Bergoglio..

Forse mai si è avuta una prova così evidente di come nella Chiesa si mescolino componente divina e umana, grazia e mondanità, santità e peccato, come nella vicenda riguardante i Frati Francescani dell’Immacolata.

Riepiloghiamo i fatti: nel luglio 2012, a seguito del disagio manifestato da alcuni religiosi dell’Ordine circa lo stile di governo e alcune decisioni (soprattutto in materia liturgica) assunte dal fondatore e Superiore Generale Padre Stefano Manelli, la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata, guidata dal cardinale brasiliano João Braz de Aviz, ha ordinato una visita apostolica, incaricando del compito mons. Vito Angelo Todisco. La visita, che ha avuto il suo elemento cardine in un questionario inviato a tutti i religiosi, si è conclusa con un decreto, approvato “ex auditu” da Papa Francesco, che ha disposto il commissariamento dell’Ordine e il divieto per tutti i suoi membri di celebrare la Messa nella forma straordinaria del Rito romano (il c.d. rito antico), salvo esplicita autorizzazione delle autorità competenti. Il Commissario Apostolico, il cappuccino Padre Fidenzio Volpi, ha poi nominato padre Alfonso Bruno – già membro del Consiglio Generale dell’Ordine –  nuovo Segretario Generale.

Oggi la Chiesa ricorda l' Arcangelo Michele e, nel Novus Ordo, anche Gabriele e Raffaele

Oggi che la Chiesa ricorda gli Arcangeli, ripropongo questo articolo con l'origine e il testo della preghiera a San Michele Arcangelo, da ricordare o riscoprire o imparare ex novo per chi non la conoscesse. Facciamone tesoro, insieme ai tanti strumenti di grazia che la nostra Chiesa ci ha donato e ci dona, nel Signore.

Il 13 ottobre 1884, Leone XIII finì di celebrare la Santa Messa nella cappella vaticana. Restò immobile per 10 minuti.

Poi, si precipitò verso il suo ufficio senza dare la minima spiegazione a chi era vicino a lui e che l'aveva visto divenire livido. Leone XIII compose immediatamente una preghiera a San Michele Arcangelo, dando istruzioni perché fosse recitata ovunque al termine di ogni Messa bassa. Successivamente il Papa darà la sua testimonianza raccontando (sinteticamente) di aver udito satana e Gesù e di aver avuto una terrificante visione dell'inferno : « ho visto la terra avvolta dalle tenebre e da un abisso, ho visto uscire legioni di demoni che si spargevano per il mondo per distruggere le opere della Chiesa ed attaccare la stessa Chiesa che ho visto ridotta allo stremo. Allora apparve S. Michele e ricacciò gli spiriti malvagi nell'abisso. Poi ho visto S. Michele Arcangelo intervenire non in quel momento, ma molto più tardi, quando le persone avessero moltiplicato le loro ferventi preghiere verso l'Arcangelo ».

Nel 1994, Papa Giovanni Paolo II ha chiesto che questa preghiera torni attuale : «che la preghiera ci fortifichi per la battaglia spirituale... Papa Leone XIII ha ha certamente avuto un vivo richiamo di questa scena quando ha introdotto in tutta la Chiesa una speciale preghiera a S. Michele Arcangelo... Chiedo a tutti di non dimenticarla e di recitarla per ottenere aiuto nella battaglia contro le forze delle tenebre e contro lo spirito di questo mondo».

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia contro le malvagità e le insidie del diavolo, sii nostro aiuto. Ti preghiamo supplici: che il Signore lo comandi ! E Tu, Principe della milizia celeste con la potenza che ti viene da Dio, ricaccia nell'inferno satana e gli altri spiriti maligni, che si aggirano per il mondo a perdizione delle anime.
Amen
Sancte Michaël Archangele, defende nos in proelio; contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium. Imperet illi Deus, supplices deprecamur: tuque, Princeps militiae caelestis, Satanam aliosque spiritus malignos, qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo, divina virtute in infernum detrude.
Amen.

L'ha detto il papa? No: Putin

Riporto senza commenti stralci di un discorso[1] ben più articolato e significativo tenuto da Vladimir Putin presso il Valdai International Discussion Club: un forum di pensiero aperto a vari ospiti esteri. Fondato dalla RIIA Novosti e dal think tank governativo russo Council on Foreign and Defense Policy, cerca di suscitare ed arricchire con dibattiti ed apporti ad alto livello al pensiero strategico. Un po’ come l’atlantista Gruppo Bilderberg, il Valdai deve il suo nome alla località dove ha tenuto la prima riunione nel 2004, l’hotel Valdai sul lago Valdaiskoye, nella zona di Novgorod, ricca di monasteri e memorie storiche dell’ortodossia. 
L’incontro in cui Putin ha parlato è avvenuto il 19 settembre. Parla della Russia, ma il discorso vale per l'Occidente, per quel che resta della sua civiltà e per il mondo intero.[2] Discorso di un capo di stato, come non se ne fanno più, neppure dal soglio petrino.

«Oggi ci occorrono nuove strategie per preservare la nostra identità in un mondo che cambia rapidamente, un mondo che è diventato più aperto, trasparente ed interdipendente. Questo fatto sfida praticamente tutti i popoli e i paesi in un modo o nell’altro, russi, europei, cinesi ed americani – le società di tutti i paesi, di fatto. 
(...) Per noi (parlo dei russi e della Russia) le domande sul chi siamo e chi vogliamo essere sono sempre più in primo piano. Ci siamo lasciati alle spalle l’ideologia sovietica, e non c’è ritorno. Chi propone un conservatorismo fondamentale, e idealizza la Russia pre-1917, sembra ugualmente lontano dal realismo, così come sono i sostenitori di un liberalismo estremo, all’occidentale.
È evidentemente impossibile andare avanti senza auto-determinazione spirituale, culturale e nazionale. Senza questo, non saremo capaci di resistere alle sfide interne ed estere, né riusciremo nella competizione globale. Oggi vediamo una nuova tornata di questa competizione, centrate sull’economico-tecnologico e sull’ideologico-informazionale. I problemi militari e le condizioni generali stanno peggiorando. Il mondo diventa più rigido, e spesso scavalca non solo il diritto internazionale, ma anche l’elementare decenza». [...]
«Altra grave sfida all’identità della Russia è legata ad eventi che hanno luogo nel mondo. Sono aspetti insieme di politica estera, e morali. Possiamo vedere come i Paesi euro-atlantici stanno ripudiando le loro radici, persino le radici cristiane che costituiscono la base della civiltà occidentale. Essi rinnegano i principi morali e tutte le identità tradizionali: nazionali, culturali, religiose e financo sessuali. Stanno applicando direttive che parificano le famiglie a convivenze di partners dello stesso sesso, la fede in Dio con la credenza in Satana.
La “political correctness” ha raggiunto tali eccessi, che ci sono persone che discutono seriamente di registrare partiti politici che promuovono la pedofilia. In molti Paesi europei la gente ha ritegno o ha paura di manifestare la sua religione. Le festività sono abolite o chiamate con altri nomi; la loro essenza (religiosa) viene nascosta, così come il loro fondamento morale. Sono convinto che questo apre una strada diretta verso il degrado e il regresso, che sbocca in una profondissima crisi demografica e morale.
E cos’altro se non la perdita della capacità di auto-riprodursi testimonia più drammaticamente della crisi morale di una società umana? Oggi la massima parte delle nazioni sviluppate non sono più capaci di perpetuarsi, nemmeno con l’aiuto delle immigrazioni. Senza i valori incorporati nel Cristianesimo e nelle altre religioni storiche, senza gli standard di moralità che hanno preso forma dai millenni, le persone perderanno inevitabilmente la loro dignità umana. Ebbene: noi riteniamo naturale e giusto difendere questi valori. Si devono rispettare i diritti di ogni minoranza di essere differente, ma i diritti della maggioranza non vanno posti in questione.
Simultaneamente, vediamo sforzi di far rivivere in qualche modo un modello standardizzato di mondo unipolare e offuscare le istituzioni di diritto internazionale e di sovranità nazionale. Questo mondo unipolare e standardizzato non richiede Stati sovrani; richiede vassalli. Ciò equivale sul piano storico al rinnegamento della propria identità, della diversità del mondo voluta da Dio»...
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1. Stralcio da effedieffe, dall'ultimo articolo di Maurizio Blondet. Mi limito a dare il riferimento della fonte, sapendo che dal link è visualizzabile solo il titolo e l'incipit, mentre il testo integrale è accessibile solo agli abbonati.
2. Un commentatore ha fatto notare che Putin ha concesso di nuovo al patriarca Kirill la dimora ufficiale all'interno delle mura del Cremlino fra le sue tre basiliche (Annunciazione, Dormizione, arcangelo Michele). Kirill funge da fiancheggiatore della politica estera del governo oltre che da guida spirituale per Putin e per la Russia. Sembra che Putin nei giorni scorsi si sia sposato in forma molto riservata a Nizni Novgorod e, per la prima volta, con cerimonia religiosa.

sabato 28 settembre 2013

Pelagiani e Argentini

Letto oggi su Le Forum Catholique:
Il santo Padre vede nel tradizionalismo una forma di pelagianesimo: una eresia che consiste nel negare il peccato originale e l'esistenza della grazia e dunque, se ho capito bene, nel preconizzare una visione puramente umana di salvezza, implicante l'attuazione di diverse misure di coercizione che arrivano fino alla pressione della forza pubblica.
Mi dico che questa visione del "nostro ambiente" è completamente falsa. Perché se ci sono cattolici che credono profondamente nell'esistenza del peccato originale e della necessità della grazia per essere salvati, essi sono tra i Tradizionalisti. 
Inoltre, non si può dire che le autorità civili moderne (il governo, i media, le scuole ... e i vescovi post conciliari) appoggino i tanti tradizionalisti che sono perseguitati piuttosto che persecutori. Per cui essi sono più abituati ad auto-organizzarsi che a fare affidamento sullo stato. In breve, essi sono da molto tempo alla periferia della chiesa europea. Che pensare? 
A mio parere la storia della Chiesa in Argentina può spiegare questa visione, dato che il tradizionalismo argentino è stato equiparato a torto o a ragione al regime militare ed alla borghesia di Buenos Aires. In breve si tratta di costoro a cui pensa Francesco quando parla di Pelagiani. Non a noi. Solo che non sono sicuro se lui lo sa...

Louie Verrecchio. L’intervista del Papa


Riprendiamo l'analisi di un giornalista americano, Louie Verrecchio, sul blog Harvesting the Fruit of Vatican II, in ordine alle recenti dichiarazioni del papa apparse in interviste in Italia e in America. Se essa ci conferma, perché esprime i nostri stessi interrogativi e considerazioni, nello stesso tempo ci preoccupa perché dimostra la gravità della situazione in atto nella Chiesa, mentre il clamore mediatico per certi versi papolatra devia l'attenzione delle masse e ne soffoca la capacità di discernere.
Ringrazio Rosa per la sua pronta e attenta traduzione.


L’intervista concessa dal Papa a varii giornali e riviste gesuite nel mondo (in Italia “La Civiltà Cattolica”, in USA “America Magazine”) che consta di circa 11000 parole in Inglese, sarà probabilmente discussa per settimane. Il mio contributo alla discussione inizia con sottolineare 10 punti.
Posso innanzitutto chiedere il vostro perdono se mi trattengo dall’applaudire ogni frase pronunciata dal Papa che assomiglia alla solida dottrina tradizionale cattolica ? Niente di personale, è soltanto una mia caratteristica. Io infatti non sono il tipo da chiamare il meccanico ogni volta che l’ auto parte subito.

1. Papa Francesco non è a suo agio nell’esercizio dell’autorità:
È stato da pazzi. Dovevo trattare situazioni difficili, e prendevo le mie decisioni di getto, e da solo. Sì, e devo aggiungere una cosa: quando affido qualcosa a qualcuno, io mi fido completamente di quella persona. Lui o lei devono commettere veramente un grave errore, prima che io affronti lui o lei. Ma, a parte questo, la gente si stanca dell’autoritarismo”. “Il mio modo autoritario e veloce di prendere decisioni mi ha portato ad avere serie conseguenze e ad essere accusato di essere ultraconservatore... Io non sono mai stato di destra... era il mio modo di fare autoritario nel prendere le decisioni che causava problemi”.[1]
Chiaramente questo è un uomo che sente le accuse di “conservatorismo” da parte dei “poster boys” (= esponenti tipici) del progressismo, i suoi fratelli gesuiti, come se fossero una pugnalata al cuore.
Tutto ciò sembra indicare che non commetterà ancora l’“errore” di governare con autorità.

Il biritualismo è il problema dei... biritualisti

Un nostro collaboratore puntualizza alcune precisazioni sul biritualismo e sui temi recentemente trattati in questo blog. La ripropongo perché la questione è importante e ben lontana da una soluzione ed il disorientamento aumenta.


Con parecchi giorni di ritardo vorrei rispondere a Stefano '78, che (per fortuna sbagliandosi) temeva un "disprezzo" del biritualismo.

Per capire la radice di tali equivoci bisogna necessariamente tornare alle questioni già lungamente esposte su questo stesso blog nelle ultime settimane. In particolare su alcuni spunti di riflessione:
  1. il Concilio pastorale è indiscutibile?
  2. nel fabbricare a tavolino il Novus Ordo si è mica andati molto al di là di ciò che chiedeva il Concilio?
  3. se il Vetus Ordo non fosse tanto osteggiato, i biritualisti aumenterebbero o diminuirebbero?
  4. perché mai il Novus Ordo è sempre stato (salvo rari casi) percepito e vissuto come un teatrino?
Per intenderci: il problema della liturgia prima del Concilio non c'era. Per "restaurare" la liturgia sarebbe bastato condannare chi la celebrava frettolosamente e sciattamente. Infatti tutti coloro che assistevano alle messe di padre Pio non si sono mai posti il problema di dover aggiornare la liturgia. Ed appena vent'anni prima papa Pio XII aveva già dato autorevoli indicazioni nella Mediator Dei.
Per i "conservatori" e per i "progressisti", la sola esistenza del Novus Ordo significa il divieto assoluto di interrogarsi sui suoi fondamenti... e il divieto assoluto di dialogo con chi lo fa: come proclamato dal padre Augé nel suo blog, definendo peraltro arbitariamente le nostre confutazioni [vedi anche] e/o interrogativi come "dimostrazioni di intrinseca perversità".
Il famigerato messale del '65 rispondeva già a tutte le richieste della Sacrosanctum Concilium, spingendosi anche più in là. Pater Noster tutti insieme, liturgia della Parola possibile in lingua vernacola, introduzione della preghiera dei fedeli... e struttura tutto sommato simile a quella del messale tradizionale del '62. Eppure fu affossato dagli stessi fabbricatori della Novus Ordo, che giustamente temevano che quel messale, pubblicato in fretta e furia a poco più di un anno dalla S.C., vanificasse i lavori del circolo dei bugniniani.

venerdì 27 settembre 2013

NEC PLVS VLTRA (Here, and No further!)

Though, the Pope’s interview published by La Civiltà Cattolica is certainly not a formal exercise of his Papal Magisterium, nevertheless, the main stream Media, ever intent upon sowing confusion among the faithful and non-believers, has given it much more importance than it merits.

Without a doubt, there’s a risk, now, that all of this is leading to something more serious and nefarious.

In response, We faithful Catholics, declare and proclaim, that WE Will NOT TOLERATE the watering-down and violation of the Catholic understanding of the Faith (sensus fidei) through inaccuracies, omissions, and mutilated teaching, deficient in and deprived of orthodox definitions and sound reasoning, which pretends to sow division in the Mystical Body of Christ, making Her a sort of Manichean dualism, one half of which the Pope likes, the other half, which He despises.

giovedì 26 settembre 2013

Oggi come ieri l’obbedienza e la celebrazione della liturgia tradizionale

(da Paix liturgique, lettera 408, 24 settembre c.m. by Tradinews). Ringrazio Rosa per la pronta traduzione.
Interessante e significativo raccogliere le molte voci convergenti che non tacciono sulla spinosa e inquietante questione, che - come già sottolineato qui - non riguarda solo i FI o un “gruppo ristretto di nostalgici”, ma milioni di cattolici sparsi in tutto il mondo e la Chiesa tutta.

Oggi come ieri
l’obbedienza e la celebrazione della liturgia tradizionale

Il problema dell’obbedienza rappresenta un tema sensibile che è stato affrontato da tutti coloro che, dopo la riforma liturgica, hanno scelto di restare fedeli alla Messa di S.Pio V, nonostante le apparenti proibizioni. Pensavamo che la questione dell’obbedienza fosse stata regolata una volta per tutte dal Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI, un gesto di pace, giustizia e riconciliazione per la Chiesa universale. Sfortunatamente la pubblicazione di uno strano decreto di Roma sembra suscitare ancora la questione.

A fine luglio la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata ha infatti colpito duramente i Francescani dell’Immacolata  - comunità nata dal Concilio Vaticano II sulla quale abbiamo scritto numerose lettere per l’ampio spazio che i suoi membri hanno dedicato alla liturgia tradizionale dopo il Summorum Pontificum (v. in particolare le lettere 171 e 223) – destituendo il loro superiore e sospendendo il diritto dei suoi membri a celebrare la Forma straordinaria del Rito romano. Ormai questa celebrazione è subordinata all’accordo di un commissario apostolico e ciò in disprezzo del diritto universale stabilito dal testo di Benedetto XVI e confermato dall’Istruzione Universae Ecclesiae.

mercoledì 25 settembre 2013

L'effetto Emerito


Da Il Foglio di oggi. Interessante analisi sulla Lettera di Ratzinger ad Odifreddi.
Personalmente sono rimasta colpita dall'episodio, dal quale si deduce che il Papa emerito non è in clausura né tanto meno in pensione e mi chiedevo che lettura dare del fatto: se considerarlo cioè una competizione, dato l'approccio diverso rispetto al papa regnante oppure una sorta di anomala diarchia. [precedente riflessione]
Di certo stiamo vivendo una situazione inedita e sotto molti aspetti di non facile decriptazione, se non via via più evidente attraverso atti e parole che non coincidono col sensus fidei cattolico. Ed è il motivo per cui dò risalto sia al fatto che alle riflessioni che seguono.
Dei toni di Ratzinger l'autore dà una interpretazione non del tutto condivisibile. Perché egli non ha mancato, da Papa, di assumere posizioni scomode e anche impegnative (e non solo nell'energia e trasparenza dedicata alla lotta alla pedofilia), mentre a Bergoglio non è così scontato riconoscere l'astuzia ignaziana per "evitare di farsi impallinare" piuttosto che una consapevole, espressa e praticata "discontinuità" - comprese le critiche graffianti - con la Tradizione, su contenuti e metodi della quale faremo un discorso a parte.  

Nella lettera di Ratzinger che bastona Odifreddi c’è il vero motivo delle dimissioni (non è l’ateismo)
“Pochissime persone al mondo, ed Eugenio Scalfari è una di queste, possono comprendere la sorpresa e l’emozione che si provano nel ricevere a casa propria un’inaspettata lettera di un Papa”. Si potrebbe anche solo prendere atto che nel giro di due settimane pure il Papa emerito ha scritto a un ateo di Repubblica, e vedere di nascosto l’effetto che fa. Si potrebbe ironizzare sul miracolo emerito, vista l’emozione con cui Piergiorgio Odifreddi ha accolto il postino. Si potrebbe notare che c’è qualcosa di straordinario nel (momentaneo) trionfo mediatico del papato, ma forse anche di forzato. Si potrebbe dire che c’è un eccesso di affettazione nel trasporto con cui Ezio Mauro riceve ed entusiasticamente pubblica le missive dei papi, e le commenta diligente e le fa diligentemente commentare. Ieri Repubblica ha ospitato parte della lunga lettera che Joseph Ratzinger ha scritto a Piergiorgio Odifreddi, matematico mediatico e ateista, il quale gli aveva fatto pervenire il suo libro “Caro Papa, ti scrivo”, concepito e scritto come una “introduzione all’ateismo” in risposta alla “Introduzione al cristianesimo” che Ratzinger aveva scritto quasi cinquant’anni fa. E il Papa emerito ha letto, e risposto.

Terzo Pellegrinaggio della Tradizione a Oropa - 5 Ottobre 2013

Carissimi fedeli, anche quest'anno ci muoveremo pellegrini ai piedi della Vergine Bruna di Oropa, invocando su di noi la benedizione del Cielo per essere fedeli alla volontà di Dio, attraverso l'intercessione della "Regina Montis Oropae". Invitiamo tutti i fedeli (gruppi e singoli) legati alla Messa Tradizionale a salire con noi al Santuario Eusebiano... [Fonte: Radicati nella Fede]

Il pragmatismo. P. Alfonso M. Bruno, FI e i suoi compagni

Viviamo un momento ecclesiale in cui l’azione, il fare, la pastorale, sono ritenuti più necessari dell’essere, della verità, della dottrina. Siamo ammalati di pragmatismo. Nei ragionamenti, se pur ci sono, si parte dal fare che non va o dal fare da progettare, e poi, solo dopo, si pensa all’essere, alla realtà com’è in se stessa. 
Tradotto in termini pastorali ciò è veramente fatidico: sarà la prassi a illuminare la dottrina; è, difatti, l’azione che muove la verità o meglio che l’assorbe fino a diluirla nel mare dell’esserci qui ed ora. Non pensiamo come essere, come vivere per piacere a Dio, ma ad esserci, ad apparire, ad essere protagonisti, a rendere anche altri protagonisti del nostro comparire sulla scena di questo mondo.

martedì 24 settembre 2013

Il Papa e "La sposa infedele"

Un'analisi lucida e senza sconti. Un bel mathc: Giuliano Ferrara su il Foglio del 21 settembre.

Francesco in flagrante adulterio con il mondo. L’esercito angelico di Wojtyla e la cattedra razionale di Ratzinger sono solo un ricordo. L’ospedale da campo gesuita ha una sua bellezza, ma non mi riguarda
“E io che me la portai al fiume credendo che fosse ragazza, e invece aveva marito”. Bergoglio nell’intervista al giornale gesuita parla della Casada infiel, della Sposa infedele, quella che García Lorca si porta al fiume, dove “i suoi seni si aprivano come rami di giacinto”, senza immaginare che fosse un adulterio. Quando insegnava, il nuovo Papa racconta che trovò le vie per indurre i suoi allievi, curiosi della sensualità del poeta, a distrarsi in cose più serie. Ma ormai l’ha detto, la Casada infiel, e siccome è anche un lettore e seguace di Michel de Certeau, una specie di mistico Lacan dei gesuiti, l’incidente o lapsus si è irreversibilmente prodotto, almeno per quanto mi riguarda.

Ravasi tra immortalità e/o risurrezione. Sgombriamo il campo dagli equivoci

Un lettore ci segnala il recente articolo di Ravasi su Avvenire del 23 settembre scorso: Aldilà, il caso dell’«anima» fra immortalità e/o risurrezione. Capisco che il prefetto della Congregazione alla Cultura possa prendere in considerazione dati culturali. Ma è prima di tutto un Pastore e il suo compito sarebbe - o meglio è - quello di discernere e divulgare i dati della fede che professa e della quale dovrebbe diffondere i principi.

Si è visto da sempre quanto egli infiori i suoi scritti di citazioni più o meno dotte di qualunque provenienza. E così avviene anche in questo articolo, al cui testo integrale vi rimando dal link. Esse servono solo a infiocchettare il discorso e a fare molte  circonvoluzioni mentali che non portano da nessuna parte. Inoltre questa sua affermazione è precisa, ma resta monca perché non nomina la Redenzione e le sue ineludibili conseguenze. L’anima, nella tradizione cristiana, è stata sempre concepita come una realtà personale distinta, ma intimamente vincolata alla corporeità con la quale dà origine alla creatura umana. Neanche nella morte si assiste a una totale cancellazione di questo rapporto con la materia corporale, ma a una sua trasformazione, di difficile determinazione e descrizione.

Io qui mi limito ad una basilare affermazione. Il discorso di Ravasi esige una disambiguazione tra i due termini: immortalità e risurrezione.

Apprendiamo, anche dalla filosofia greca, che l'anima è immortale. E questo è un dato di fede anche per noi. La nostra Fede, tuttavia, contempla il "peccato originale" e le sue conseguenze, dalle quali la Croce di Cristo Signore ci ha riscattati, espiando la colpa originaria al nostro posto, ripristinando la giustizia violata e restaurando la natura ferita dalla colpa. Se il riscatto, cioè la Redenzione, avviene sulla Croce - ineludibile passaggio --> Pasqua nuova e definitiva -, la rigenerazione della natura ferita avviene attraverso la Risurrezione, che inaugura l'ottavo giorno, quello della Creazione nuova, dell'umanità liberata dalla schiavitù del peccato d'origine, rigenerata e configurata al Figlio, il Verbo Incarnato che dunque opera un'Azione umano-divina. L'umanità salvata è quindi da Lui ricondotta alla destra del Padre (Ascensione), fondando la sua Chiesa animata dal Suo Spirito di Risorto a partire dalla Pentecoste: ce n'è stata una soltanto e quella basta e continua a dispiegare i suoi effetti fino alla fine dei tempi. Vedete quanto sia improprio - e forse anche inquietante visti i frutti - parlare di "Nuova Pentecoste" in riferimento al Concilio...
Dunque, se l'anima è e resta immortale, la risurrezione fa qualcosa di più: cambia lo stato ontologico dell'anima e la sua sorte definitiva nella gloria o nella dannazione. Tertium non datur

lunedì 23 settembre 2013

NEC PLVS VLTRA

L'intervista rilasciata dal papa a La Civiltà Cattolica [qui] certamente non è magistero, ma la sua diffusione e interpretazione secondo le attuali strategie mediatiche il cui unanime coro progressista ne scandisce i mantra quotidiani, diffonde una vulgata suscettibile di disorientare e sviare sia i credenti che i non credenti, col rischio che quella che al momento è solo una vulgata, diventi qualcosa di più serio e definitivo.
Non accettiamo oltre che il sensus fidei cattolico venga sempre più diluito e oltrepassato da troppe approssimazioni, omissioni, insegnamenti monchi senza argomentazioni definitorie che pretendono di suddividere la realtà ecclesiale in categorie manicheiste sulla base di ciò che piace o non piace al nuovo papa.

Ci soffermiamo su questa affermazione:
«Il Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea. Ha prodotto un movimento di rinnovamento che semplicemente viene dallo stesso Vangelo. I frutti sono enormi. Basta ricordare la liturgia. Il lavoro della riforma liturgica è stato un servizio al popolo come rilettura del Vangelo a partire da una situazione storica concreta. Sì, ci sono linee di ermeneutica di continuità e di discontinuità, tuttavia una cosa è chiara: la dinamica di lettura del Vangelo attualizzata nell’oggi che è stata propria del Concilio è assolutamente irreversibile. Poi ci sono questioni particolari come la liturgia secondo il Vetus Ordo. Penso che la scelta di Papa Benedetto sia stata prudenziale, legata all’aiuto ad alcune persone che hanno questa particolare sensibilità. Considero invece preoccupante il rischio di ideologizzazione del Vetus Ordo, la sua strumentalizzazione».
Da come si esprime, questo papa sembra tornato all'indulto di Giovanni Paolo II. Ma la Lettera Apostolica del suo predecessore, sotto forma di motu proprio: Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, è norma universale che sancisce il diritto di sacerdoti e fedeli di aderire alla Tradizione liturgica del Rito Romano Antiquior. Una norma universale non può essere inficiata da una intervista né da un provvedimento di natura particolare. Tuttavia, attraverso una prassi ateoretica imposta e non accompagnata da spiegazioni esaurienti, sembrerebbe ora possibile questo ed altro.

Premesso che avremmo preferito sapere che la cultura contemporanea è stata letta alla luce del Vangelo piuttosto che l'opposto, il resto del discorso continua ad ignorare che la crisi della Fede è legata alla crisi della Liturgia: lo aveva detto e scritto l'allora card. Ratzinger, che non ha dimenticato di ricordarlo da Papa; ma secondo Bergoglio la Chiesa non è mai stata così bene ora che « la Riforma liturgica ha garantito il servizio al popolo alla luce di una rilettura del vangelo in base ad una situazione storica concreta ». Se il Vangelo è riletto alla luce di una situazione storica concreta, significa che la situazione storica ha cambiato il Vangelo e, insieme ad esso, è in evoluzione anche il mistero Pasquale?

Con quelle parole sul “Vetus Ordo”, il papa sembra relegare la nostra Santa Messa al museo: ora dipende solo da noi resistere.

Un papa non può fare ciò che vuole, ma la sua autorità incontra - oltre ai limiti riferiti alla costituzione essenziale della Chiesa, alla legge divina e al diritto naturale - i limiti dogmatici che lo vincolano alla rivelazione e alla testimonianza autorevole codificata in maniera autoritativa dai Papi in precedenza: è questa l'unica testimonianza autorevole che la Chiesa può dare di se stessa. Altrimenti siamo nell'arbitrio, che sfocia nell'anomia, non coniugabili con la divina costituzione della Chiesa.

Sta di fatto che questo principio che ha consentito alla nostra Fede di esserci consegnata intatta dopo due millenni di storia è ora aggirato non de iure ma de facto. Se non esiste più alcuna norma oggettiva e stabile, valida per tutti e per sempre, tutto finirà col dipendere dalla discrezionalità del responsabile del momento; il che non è accettabile perché obbedisce ad un principio tirannico ed arbitrario.

La Santa e Divina Liturgia nel Rito romano usus antiquior è da custodire e da richiamare alla memoria di questa generazione e di quelle che verranno, come seme della fondata speranza di restituirne alla coscienza ecclesiale l'integrità, l'armonia e la dignità. Essa non riguarda solo « alcune persone che hanno questa particolare sensibilità », perché non risponde né a 'gusti' personalistici né a vaghi sentimenti nostalgici ma, oltre ad essere un'esigenza spirituale riconosciuta come diritto a numerose comunità di sacerdoti e fedeli sparsi in tutto il mondo, rappresenta l'aspetto più integro dello lo ius divinum al culto, funzione primaria della Chiesa.

Il dato fondante è la riaffermazione che la Santa Messa è nella sostanza un Sacrificio identico a quello del Calvario, pur se in forma incruenta, trasportato in tutti i punti del tempo e dello spazio, avendo con esso identità nella causa e nella intenzionalità:
  1. efficiente: Gesù Cristo unico Salvatore;
  2. materiale: l'unico sacerdote che è insieme l'unica vittima di valore infinito. Senza sminuire il sacerdozio dei fedeli, ma senza confonderlo con quello ordinato;
  3. formale: attraverso un'unica azione sacrificale ed immolazione dell'unica vittima che, compiuto il sacrificio e in virtù di esso, ci coinvolge nella sua Offerta e nella comunione al Suo Corpo ora glorioso e che continua a edificare, a santificare e nutrire la Chiesa fino alla fine dei tempi;
  4. finale: a maggior gloria di Dio e per la salvezza del singolo credente e del genere umano.
Senza dimenticare:
  1. la parte che la Santa Vergine ha in ognuna di queste cause, che costituisce il fondamento teologico della corredenzione mariana, operata al tempo della sua vita terrena e compiutasi con la sua Assunzione al Cielo.
  2. Con intatto riferimento alla Comunione dei Santi ed ai Cori Angelici che costituiscono la Chiesa Trionfante, indissolubilmente compresente nel Mistero dell'Una Santa Cattolica Apostolica, insieme a quella Purgante e Militante.
  3. Che Papa San Pio V, a suggello della Quo primum tempore, col Missale Romanum del 1570 non effettuò che una minima revisione nel Missale curiale precedente. Egli volle così mettere ordine alla regnante confusione ed incertezza dei riti, ponendosi e raggiungendo l’obiettivo di rendere unitario e dottrinalmente certo ciò che in alcuni ambiti della cristianità era divenuto spurio e dottrinalmente dubbio;
  4. che l'uniformità stessa che nel campo liturgico si riscontra presso le Comunità cristiane dei primi due secoli suppone un principio d'autorità, un metodo d'azione, cioè una organizzazione primitiva che dovette far capo più che agli Apostoli a Cristo stesso, a partire da quell'Ultima Cena che ci ha introdotti nel nuovo orizzonte della Storia, nella Creazione nuova, che il Rito manifesta, riproduce e introduce nell'hic et nunc di ogni tempo: «Sarò con voi tutti i giorni...» «Fate questo in memoria di me...», finché il Signore tornerà nella gloria.
  5. L'azione teandrica del Signore, che si realizza nel rito, da cui scaturiscono e si rinsaldano le virtù teologali e ogni forma di missionarietà; il che si traduce in scelte di vita coerenti.
Per aver le idee chiare su quel che sta accadendo e su ciò in cui possiamo influire è bene essere ben consapevoli che la liturgia ha bisogno di una pastorale che l'accompagni. È un pane che va spezzato da parte dei pastori e dei testimoni. Per garantire e nutrire la partecipazione dei fedeli è indispensabile una seria iniziazione a ciò che accade nel mistero, che appartiene all'ordine soprannaturale per raggiungere e donare pienezza alla nostra umanità ferita. Essa richiede soprattutto immersione e adorazione, che generano la vera conoscenza e ulteriore sempre più profonda comprensione e partecipazione. Il Rito ha già in sé la sua vis trasformante. Si tratta solo di introdurre sapientemente i fedeli a viverlo: il resto lo fa con gradualità la frequentazione ad opera dello Spirito del Signore e della fedeltà, trasformando la persona, la comunità, la storia che esse scrivono con la propria vita.

La Liturgia è sempre collegata alle sole due fonti che ne garantiscono l'autenticità: la continuità della sacra Tradizione e la sua proposta ufficiale ad opera del magistero ecclesiastico. Non è senza significato il fatto che la Tradizione perde la sua vitalità quando viene strappata dalle mani di chi, per divina disposizione, ne ha il controllo, la custodia e il compito di ritrasmetterla, ossia il magistero ecclesiastico mai separato dal sensus fidei dei credenti. Di certo non si vorrà escludere noi dall'infallibilitas in credendo dell'insieme del popolo in cammino. Rivedere paure, resistenze e pregiudizi porterà molta serenità nel Popolo di Dio e la vera unità tra i cattolici.
Rivendichiamo la nostra appartenenza alla Chiesa Una Santa Cattolica Apostolica e, sì, anche Romana.
Non vogliamo che proprio da chi ne ha il controllo, la custodia e il compito di ritrasmettere la Tradizione vengano soffocate perché troppo spesso ignorate, se non anche rifiutate, le istanze di chi vive il rito antiquior, «mai abrogato», con fedeltà ed esemplare actuosa participatio.

Queste sono sovrastrutture da abbattere o pilastri da tenere ben saldi?

Un'ultima precisazione. Essere fedeli alla Tradizione non significa essere chiusi alle novità o essere ancorati alla chiesa pre-conciliare. Non esiste la chiesa pre e quella post conciliare: esiste la Chiesa punto. Essa è corpo mistico di Cristo e dunque anche Popolo di Dio in cammino. E noi non rifiutiamo il concilio. Semplicemente non lo vediamo come un nuovo superdogma e ci limitiamo a metterne in discussione alcuni punti controversi. Su questo vorremmo si potesse instaurare un fruttuoso dialogo con i nostri pastori, che sembrano aborrire l'« odore delle pecore » che amano la Tradizione, sia pur se esse non sono affette da chiusure né da deformazioni ideologiche. Vogliamo dunque parlarne? Noi non apparteniamo ad un altro gregge, così come non facciamo parte di nessuna lobby, ché non ci riguarda!
«Tradizione non è un nostalgismo di tempi passati, ma è fedeltà nel presente» vale anche per noi che non siamo nostalgici e neppure esteti esibizionisti, aspetti che non ci appartengono. Del passato noi non rinneghiamo i fondamenti.

Respingiamo con sdegno e vigore ogni tipo di accusa dettata da ignoranza o da ignobile falsità da qualunque parte provenga. Mi riferisco anche ai reiterati strali provenienti dalla stampa di regime, che ha innescato una insostenibile pastorale mediatica, che mette nelle fauci dei lupi le nostre cose più sacre e consente ai porci di calpestare le nostre perle più belle. E non mi riferisco certo alla morale (o peggio al moralismo), perché la Chiesa, annunciando il Vangelo di Cristo, non predica una morale: il cristianesimo non è una morale ma ha una morale che discende dalla Verità di cui Essa è testimone e sacramento.

NEC PLUS ULTRA alla pastorale del disprezzo.

domenica 22 settembre 2013

Restaurazionisti, legalisti, rischio di ideologizzazione: cecità spirituale o ideologizzazione senz'appello?

Siamo ancora nell'Anno della fede, che si concluderà il prossimo 24 novembre. Dal motu proprio di indizione da parte di Benedetto XVI, “Porta fidei”, la nostra attenzione è stata richiamata sulla fides quae, cioè sui contenuti, i fondamenti veritativi che richiedono il nostro assenso. È ovvio che i fondamenti precedono ma non eliminano né sminuiscono il concreto e soggettivo atto del credere: la fides qua, che invera nella persona e nella storia il Soprannaturale. Ma oggi si avverte, ingravescente necessitate, l’urgenza di riappropriarci dei contenuti, diluiti e oltrepassati per effetto dell'ignoranza diffusa nei fedeli a causa delle innovazioni dottrinali mascherate da pastorale, prassi sempre più ateoretica e dissolutoria, spacciate per aggiornamento.

Tutto ciò non significa che il cristianesimo sia una dottrina, una serie di verità astratte e codificate: ben lo esprime proprio questo passaggio della Porta Fidei : « Come si può osservare, la conoscenza dei contenuti di fede è essenziale per dare il proprio assenso, cioè per aderire pienamente con l’intelligenza e la volontà a quanto viene proposto dalla Chiesa ».

Mi chiedo come possa conciliarsi questa ineludibile realtà con la volgata recente scaturita da un'intervista a La Civiltà cattolica che non può costituire magistero, ma di fatto - attraverso la nuova pastorale mediatica - non ha bisogno di documenti e atti di governo per imporsi a chi ormai ha portato cuore e intelletto all'ammasso. Ne cogliamo due punti che prendono di mira la Tradizione. Il Papa ne parla come di un -ismo e ne vede e ne descrive solo gli stereotipi che vengono fuori dai più retrivi pregiudizi, non accettabili in un pastore.
«Se il cristiano è restaurazionista, legalista, se vuole tutto chiaro e sicuro, allora non trova niente. La tradizione e la memoria del passato devono aiutarci ad avere il coraggio di aprire nuovi spazi a Dio. Chi oggi cerca sempre soluzioni disciplinari, chi tende in maniera esagerata alla “sicurezza” dottrinale, chi cerca ostinatamente di recuperare il passato perduto, ha una visione statica e involutiva. E in questo modo la fede diventa una ideologia tra le tante. Io ho una certezza dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona, Dio è nella vita di ciascuno. Anche se la vita di una persona è stata un disastro, se è distrutta dai vizi, dalla droga o da qualunque altra cosa, Dio è nella sua vita. Lo si può e lo si deve cercare in ogni vita umana. Anche se la vita di una persona è un terreno pieno di spine ed erbacce, c’è sempre uno spazio in cui il seme buono può crescere. Bisogna fidarsi di Dio».
Si dà il caso che secoli fa c'è stata una esiziale Riforma, che ha dato inizio alla crisi dell'Occidente, dalla quale è rimasta la Chiesa cattolica da un lato e le confessioni protestanti riformate dall'altro. Il problema è che il linguaggio usato dalla neo-chiesa a partire dalle gerarchie più alte allude troppo spesso:
  • alla conoscenza di Gesù prima delle "regolette",
  • al vangelo prima della dottrina o addirittura senza, adattando la dottrina alle situazioni
  • al fare lo spazio a Dio senza precondizioni
Questo è ciò che predicava Lutero e che continuano a predicare i suoi eredi spirituali. Invece noi siamo rimasti cattolici e continuiamo a usare come strumenti che ci ancorano a Cristo Signore e dunque al Padre:
  • la fede (prima personale e poi anche comunitaria), 
  • il custodire la fedeltà per maturare nella fede, approfondendo:
  • la fede attraverso la preghiera, l'adorazione, l'eucarestia, il vangelo e le scelte e l'agire che ne conseguono.
  • la dottrina (la sapienza fedelmente trasmessa e ricevuta da una schiera di santi e dottori della chiesa). Non si può amare ciò che non si conosce: prima viene la conoscenza e poi l'amore. 
  • la Tradizione (la bellezza e la giovinezza perenne della Chiesa, custodia del Depositum fidei e fedeltà ad esso, che il Successore di Pietro deve garantire),
  • nel connubio di fede e ragione, nella coscienza (non quando corrisponde a ciò che ci pare, ma a ciò che riceviamo dalla Rivelazione Apostolica trasmessa dal Magistero).
Se dalle parole del papa sono in molti a trarre conclusioni come le prime sopra, magari al di là delle sue intenzioni, c'è da chiedersi il perché. Il primo a chiederselo dovrebbe essere lui e coloro che collaborano con lui più da vicino.

Quanto alla fedeltà alla dottrina, non è né restaurazionismolegalismo e neppure è un arbitrio: è la Tradizione viva del vangelo trasmessa dalla Chiesa, unica interprete degli insegnamenti di Cristo, che sono Spirito e Vita, non sono regole astratte.

Quando noi ci richiamiamo alla "dottrina" non lo facciamo per sterile giuridismo, ma per amore della Verità che è Una e non può essere manipolata a piacimento, come sta avvenendo oggi anche ai vertici della Chiesa. E le soluzioni disciplinari, se sono cercate, non lo sono fini a se stesse, e neppure esauriscono la realtà di cui sta parlando. Esse rappresentano una normale condotta di buon governo. La medicina della misericordia, senza la giustizia e senza il rigetto dell'errore, diventa una mancanza di carità, un tradimento della Verità, sovverte l'ordine e deforma il volto della Sposa di Cristo.

Nella Chiesa cattolica, non viene prima il Vangelo e poi la dottrina: Scrittura (e dunque anche il Vangelo inteso come NT) e Tradizione sono le due fonti della Rivelazione a pari titolo, perché il Vangelo, senza l'interpretazione viva della Tradizione, che lo trasmette con criteri che ne garantiscono l'integrità, resterebbe lettera morta. Solo la vera dottrina e la vera adorazione che ne discende ci agganciano al nostro Signore e salvatore e non ad idoli o surrogati di vario genere.

Aggiungo e ribadisco : quando si parla di Tradizione, s'intende la Tradizione 'vivente' perché incarnata in ogni generazione, ma oggettiva cioè legata alla Rivelazione apostolica; non quella 'vivente' in senso storicistico che evolve secondo la moda del tempo ed è determinata soggettivamente nel 'presente' di ogni tempo con una nuova epistemologia fondata sulla evoluzione di verità, che invece sono immutabili perché Eterne.

L'elemento soggettivo sta nelle persone, pietre vive della Chiesa grazie all'azione discente, di guida e santificatrice dei pastori animata dallo Spirito Santo; ma è l'oggettiva immutabilità del Soprannaturale che va portata nel tempo e nella storia non l'arbitraria deformazione del momento, come di fatto sta avvenendo. E Bergoglio lo sta facendo a tutto campo.

Chi difende la dottrina non lo fa per sclerosi o per giuridismo né tanto meno per moralismo, ma per amore della Verità che è una e che non cambia secondo il nostro arbitrio e che, unica, davvero libera e feconda i nostri cuori, le nostre scelte e quindi la storia.

25 -26 Settembre. Messe Tridentine a Milano

Anche quest'anno, incoraggiate da mons. Giuliodori, riprendono le celebrazioni della Santa Messa "tridentina" presso la sede di Milano dell'Università Cattolica.

Tali celebrazioni sono organizzate da un piccolo gruppo di studenti che hanno accolto l'invito del Santo Padre ad approfondire l'importanza della Tradizione nella vita della Chiesa, soprattutto nel campo della Liturgia, "culmine e fonte di vita della Chiesa" e che dunque vogliono manifestare il loro amore per la Chiesa e il Santo Padre, con una particolare devozione al Santissimo Sacramento dell'Altare, al Sacratissimo Cuore di Gesù, speciale patrono della nostra Alma Mater, all'Immacolata Concezione.

Le prossime celebrazioni avverranno presso la
Cappella San Francesco

Mercoledì 25 settembre 2013 ore 18
Santa Messa solenne nella memoria di san Anatalone, primo vescovo di Milano

Giovedì 26 settembre 2013 ore 12
Santa Messa da requiem in suffragio dell'Anima di Mons. Sergio Lanza,
Assistente ecclesiastico generale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore
dal 2008 al 2012

sabato 21 settembre 2013

Papato e sinodalità e/o conciliarità

Ravenna, Basilica di San Vitale
L'intervista de La Civiltà Cattolica al papa è divenuta una miniera di informazioni e la reiterazione di esternazioni che confermano il nuovo conformismo anticonformista di questo papa.
A detta dello stesso intervistatore essa si è rivelata: « una sorta di flusso vulcanico di idee che si annodano tra loro... un dialogo sorgivo. È chiaro che Papa Francesco è abituato più alla conversazione che alla lezione ».
Ma a noi è altrettanto chiaro che un papa non può continuare a dare lezioni che hanno l'immediatezza e il pressappochismo delle conversazioni. E purtroppo questa inedita pastorale mediatica - che non ha bisogno di documenti e atti di governo per imporsi a chi ormai ha portato cuore e intelletto all'ammasso - è così fluida e cangiante ed anche fumosa nonché suscettibile di interpretazioni plurime da non offrire neppure un atto concreto posto in essere. La conseguenza è che mancano contenuti meditati, sviluppati e motivati come si dovrebbe - e dunque chiaramente definitori - sui quali fornire, da parte di un'autorità magisteriale non unidirezionale (se ancora esiste), le possibili e a volte necessarie osservazioni e richieste di chiarimenti.
Queste mie riflessioni non nascono oggi. Sono maturate seguendo in tempo reale i prodromi di ciò che oggi viene portato allo scoperto e alle sue estreme conseguenze da questo papa.
Tra gli ormai numerosi segnali di mutazioni genetiche apparentemente inarrestabili, tutti per nulla marginali e soprattutto dirompenti, estraggo qui il punto sulla sinodalità. A seguire, le considerazioni corredate dei documenti dell'epoca citati dal papa.
[...] «Si deve camminare insieme: la gente, i Vescovi e il Papa. La sinodalità va vissuta a vari livelli. Forse è il tempo di mutare la metodologia del Sinodo, perché quella attuale mi sembra statica. Questo potrà anche avere valore ecumenico, specialmente con i nostri fratelli Ortodossi. Da loro si può imparare di più sul senso della collegialità episcopale e sulla tradizione della sinodalità. Lo sforzo di riflessione comune, guardando a come si governava la Chiesa nei primi secoli, prima della rottura tra Oriente e Occidente, darà frutti a suo tempo. Nelle relazioni ecumeniche questo è importante: non solo conoscersi meglio, ma anche riconoscere ciò che lo Spirito ha seminato negli altri come un dono anche per noi. Voglio proseguire la riflessione su come esercitare il primato petrino, già iniziata nel 2007 dalla Commissione Mista, e che ha portato alla firma del Documento di Ravenna. Bisogna continuare su questa strada». Cerco di capire come il Papa veda il futuro dell’unità della Chiesa. Mi risponde: «dobbiamo camminare uniti nelle differenze: non c’è altra strada per unirci. Questa è la strada di Gesù». [...]
Ora che emerge questa nuova e ulteriore 'fessura', dalla quale potranno derivare ulteriori voragini che solo de fide possiamo non pensare incolmabili, ripropongo quanto avevo espresso con timore e ora si mostra con sconcertante evidenza.
« La X Sessione plenaria della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico fra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa (Ravenna 8-15 ottobre 2007), nel documento sottoscritto intitolato «Le conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa. Comunione ecclesiale, conciliarità e autorità (documento di Ravenna)», pone la reciproca interdipendenza tra primato e conciliarità al livello locale, regionale e universale, per cui «il primato deve essere sempre considerato nel contesto della conciliarità e, analogamente, la conciliarità nel contesto del primato» (n. 43). Questa visione dà una dinamicità al modo di concepire il ministero pontificio in una proiezione verso un futuro che ogni fedele vorrebbe vedere realizzato [!?] ».
Ricordo che il documento di Ravenna - promotore il pluri-citato (dal nuovo papa) card. Kasper - fu accolto con alcune riserve [documentai a suo tempo le perplessità di diverso ordine del Patriarcato di Mosca - vedi il seguito nel 2010 - e anche], mentre ora viene riproposto sic et simpliciter senza remore addirittura dal papa stesso. Esso aggiunge alla collegialità la cosiddetta conciliarità, peraltro nel documento non riferita propriamente al Vaticano II. Tuttavia si corre ugualmente il rischio di riconoscere ad esso, in virtù della collegialità che evoca e che si intende realizzare, una ulteriore funzione costitutiva e fondante una nuova realtà che va a toccare il cuore stesso della Chiesa e della sua identità nella persona del Romano Pontefice. Il problema non è solo sugli evidenti segnali di apertura nei confronti dei "fratelli separati" Orientali, ma anche su quelli nei confronti delle altre confessioni cristiane, che non possiamo di punto in bianco non considerare più eretiche. Appaiono scelte che contengono un messaggio preciso, sia nel senso della collegialità episcopale, sia nel senso dell'ecumenismo. Inoltre il problema non è nell'apertura in sé; ma nel fatto che venga escluso il reditus.

Avrei molte riflessioni da fare, ma me ne astengo perché non è il mio ruolo: questioni come questa necessitano di esser prese in considerazione da chi di dovere e meriterebbero una grande smentita dotata della dovuta autorevolezza, per essere incanalate in una visione cattolicamente praticabile. Ma la smentita non arriverà più ora che il Trono più alto - che c'è nonostante la dissoluzione in atto - ha fatto sua l'impostazione evidenziata. Mi limito quindi a richiamare l'attenzione e a lanciare in qualche modo l'allarme, come noi sentinelle vigili siamo chiamate a fare di fronte al silenzio e all'inerzia alimentate anche dagli orditori d'inganni.

Anche perché non dimentichiamo che qualunque adeguamento ai tempi operato attraverso 'forme' su essi modulate, porta lontano dalla fontale primazialità voluta dal Signore. Infatti ogni 'forma' veicola e manifesta una sostanza corrispondente pur se implicita. Difendere la manifestazione della sostanza significa difendere la sostanza stessa, nella consapevolezza che la negazione di una dimensione accidentale rischia di essere un ferimento che la sostanza può sopportare solo fino ad un certo punto.

Jean Mercier. Il papa è demagogo?

La stampa francese non è tutta affetta da bergoglite allo stato acuto, come molti media nostrani. Quello che segue è un articolo apparso nei giorni scorsi su La Vie, nella traduzione di finesettimana.org (con piccole pennellate mie) che riporta molte considerazioni che andiamo facendo da tempo. E, comunque, non può non risentire nelle conclusioni dell'ambiente progressista da cui proviene.

Carismatico e popolare, Francesco non esita a compiere gesti che fanno centro e a lanciare formule che attirano l'attenzione. Non esagera un po' troppo?

La strategia mediatica ha la soluzione. Papa Francesco è un tipo come si deve. A sei mesi dalla sua elezione, il profluvio di critiche che si sono riversate su Benedetto XVI sono un lontano ricordo. Infine, i cattolici hanno un papa accettabile, Cosa che non si vedeva da più di 30 anni ...[affermazione ingenerosa nei confronti degli ultimi Papi]

E se Francesco fosse un po' demagogo, almeno in base ai nostri parametri culturali? L'idea mi solletica da alcune settimane... Mentre mi meraviglia la capacità di questo papa di parlarci con piena umanità, del suo contatto fisico con la "carne di Cristo" che sono poveri [vedi nostre precisazioni], sono a volte imbarazzato dalla sua capacità di seduzione che non è priva di una certa forma di manipolazione, che lui ne sia cosciente o meno.

giovedì 19 settembre 2013

Magister. Un comico, un vescovo e l'enigma Francesco

Sul blog Settimo cielo, ieri, una nuova graffiante, ma decisamente centrata critica di Magister, l'unico Vaticanista fuori dal coro, che cerca di avere uno sguardo obiettivo sulla realtà senza fanatismi né deformazioni ideologiche e ideologizzanti. Riguarda il silenzio di papa Francesco sui temi cruciali del nascere, del morire, del generare. Un amico americano mi segnala l'eccezionalità delle esternazioni di vescovi statunitensi (ricordiamo anche quella recente analoga del card. Dolan), di solito per stile e prassi assolutamente restii a commenti pubblici del genere; il che dimostra un disagio che la melassa mediatica non riesce a soffocare del tutto.  

“Mi pare che si debba ancora capire davvero chi è questo papa. Io da lui mi aspetto anche, come papà, che mi aiuti ad orientarmi nel mondo di oggi. Quando sento che in Francia non ci sarà più la festa della mamma, ma del ‘genitore uno’ o del ‘genitore due’, sono curioso di sapere cosa ne pensa il papa”.
Così conclude una sua intervista a “Credere”, rilanciata da “Avvenire” del 17 settembre, Giacomo Poretti, uno dei più famosi attori comici italiani, del trio Aldo, Giovanni e Giacomo. Un’intervista nella quale egli racconta il suo ritorno alla fede.

Ma non è solo sua l’impazienza di fronte alle rare parole di papa Francesco sui temi cruciali del nascere, del morire, del generare.

Negli Stati Uniti c’è un vescovo che sul suo giornale diocesano, nel tracciare un bilancio dei primi sei mesi di questo pontificato, a un certo punto dice qualcosa di molto simile:
“Sono un po’ deluso dal fatto che papa Francesco non abbia detto molto, almeno per quanto ne sappia, dei figli non nati, dell’aborto. In tanti l’hanno notato. Penso che sarebbe bene che papa Francesco affronti in modo più diretto il male dell’aborto e incoraggi chi si impegna nei movimenti pro-life. Una cosa è per lui avvicinare, abbracciare e baciare neonati e bambini come fa in tante occasione. Ma sarebbe per me altrettanto meraviglioso se lui avvicinasse, abbracciasse e baciasse in forma spirituale dei bambini non nati”.
Il vescovo è Thomas J. Tobin, della diocesi di Providence, nel Rhode Island.
Nell’intervista, su almeno altri quattro punti questo vescovo avanza delle critiche all’attuale pontefice.

Sulla scelta di abitare a Santa Marta:
“Questo è sicuramente un gesto apprezzabile. Ma per ragioni di semplicità e di umiltà egli ha ora occupato due edifici invece di uno solo, con i conseguenti problemi di sicurezza. [...]”.
Sull’adattamento al suo nuovo ruolo:
“È molto diverso essere l’arcivescovo di Buenos Aires ed essere il romano pontefice, il vicario di Cristo, il pastore della Chiesa universale. Penso che sia una grossa sfida per lui adattarsi a questo cambiamento, mantenendo la sua personalità e le sue preferenze”.
Sulla riforma della curia e delle finanze vaticane:
“Devo dire che finora si è mosso piuttosto lentamente. In sostanza ciò che ha fatto finora è la nomina di tre commissioni, una cosa che si è fatta tante volte nella Chiesa, ogni volta che c’è da studiare e da tentare di cambiare qualcosa. Quindi è troppo presto per dire quali cambiamenti effettivi ci saranno e se egli sarà realmente capace di realizzare una riforma sostanziale dell’amministrazione centrale della Chiesa”.
Sull’affermazione di papa Francesco “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà ma chi sono io per giudicarla?”:
“È una delle frasi più fraintese nella storia recente della Chiesa. Queste semplici parole ‘Chi sono io per giudicare?’ sono state usate e abusate un mucchio di volte da coloro che vogliono piegarle ai loro disegni. Ma è chiaro che il Santo Padre non ha alcuna intenzione di cambiare l’insegnamento della Chiesa. Penso che chiunque studi la questione seriamente sa ciò che egli intende significare con questo. Ma questo ha anche prodotto in molte persone, compresi vescovi e cardinali, una certa dose di angoscia, nel cercare di spiegare che cosa il Santo Padre ha inteso dire con i suoi commenti a braccio”.

Mattia Rossi. Chiesa e musica sacra: ovvero la desistenza dall’autorità

Mattia Rossi ha scritto un nuovo articolo che arricchisce il nostro percorso sul tema della musica sacra, anch'essa oggetto dell'iconoclastia selvaggia che ha colpito i tesori della nostra Fede.
Invito chi è interessato all'argomento, e al gregoriano in particolare, a ripercorrere i numerosi articoli pubblicati sull'argomento digitando le parole chiave dal motore di ricerca.

Uno degli aspetti più sconcertanti – verrebbe, anzi, da dire: il più sconcertante – riguardante la vita liturgico-musicale della chiesa postconciliare è il visibile, quanto impressionante, laissez faire della gerarchia.

Siamo di fronte – lo sappiamo bene – ad una totale indifferenza, che il più delle volte si tramuta, anzi, in incentivazione e incoraggiamento, verso la Babele corrente che accoglie qualsiasi forma e qualsiasi genere che, in nome di un demagogico concetto di “partecipazione attiva”, ha trasformato il repertorio sacro in una cloaca di solenni idiozie e banali mediocrità.
Non intendo dilungarmi oltre su questo aspetto: all’evidenza c’è ben poco altro da aggiungere.
Vorrei, invece, soffermarmi sulla rottura, almeno da un punto di vista storico, nella quale è incorsa la Chiesa del Novecento.

Della serie: immagini eloquenti

Un lettore mi invia questa foto, segnalando la trascuratezza liturgica: la stola messa senza nemmeno un camice, che anche i preti più creativi e più vaticansecondisti mettono sempre e comunque.

Se non ho le traveggole, nella stola indossata dal papa noto simbolismi sconcertanti:
> l'Alfa che più che stilizzata appare deformata, mentre l'insieme del simbolo è più consono ad una grafica eccentrica che a un liturgo o liturgista.
> Inoltre l''Alfa-Omega anomalo è sormontato da due rami di acacia intrecciati - simbolo massonico (?!) - sotto la Croce.

C'è da temere che l'auspicata restaurazione dovrà attendere a lungo.

mercoledì 18 settembre 2013

Sulla dialogante carezza del Santo Padre a Eugenio Scalfari una carezza di carta vetrata del padre Ariel S. Levi di Gualdo

Ringrazio don Ariel per questa sua significativa carrellata.

SULLA DIALOGANTE CAREZZA DEL SANTO PADRE A EUGENIO SCALFARI
UNA CAREZZA DI CARTA VETRATA
DEL PADRE ARIEL S. LEVI di GUALDO


Riguardo la lettera scritta dal Romano Pontefice al quotidiano La Repubblica [qui, qui] non posso nascondere che i numerosi articoli di commento pubblicati in questi giorni su molte riviste cattoliche mi hanno indotto a riflettere. 

Ritengo che non sia mio compito insegnare a nessuno di questi commentatori quale impatto abbia avuto sul Popolo di Dio la lettera di un Sommo Pontefice pubblicata sulle colonne di un quotidiano della sinistra radical chic, che facendo il proprio lavoro in modo egregio ha scaricato per anni sulla Chiesa Cattolica e il Papato vagoni interi di pesanti critiche, alcune delle quali vere e fondate, altre verosimili e dubbie, altre inverosimili e infondate, dando puntualmente voce ai nostri antagonisti peggiori, fuor d’ogni dubbio brillanti ma notoriamente accecati dalle peggiori prevenzioni ideologiche [esempio: qui, qui]. Cosa questa fondamentale sulla quale hanno però sorvolato e taciuto numerosi editorialisti cattolici in questa specifica circostanza gravata di indubbia e insolita delicatezza.  

Nella Chiesta del post concilio egomenico dei teologi interpreti di se stessi che hanno gravemente intaccato la dottrina e la pastoralità del Concilio Vaticano II, sino a mutare il tutto in altro, gli aggressivi dittatori del “libero pensiero” usano da sempre due parole fatate: “dialogo” e “collegialità” [qui, qui, qui]. In verità, dialogare con certi soggetti saturi di eresie moderniste che da anni sono state de facto sdoganate, per noi preti e laici aderenti al dogma nella più profonda devozione alla dottrina e al magistero della Chiesa, appare sempre più difficile, a volte pare quasi una mission impossible. Chiunque abbia pacatamente espresso libere opinioni contrarie a questi dialoganti collegialisti ormai al potere, porta sempre addosso indelebili i segni delle frustate, spesso elargite sulla nostra pelle con la benedizione — o nell’ipotesi migliore nella totale indifferenza — di quelle autorità ecclesiastiche che da troppo tempo hanno rinunciato a governare e a difendere la verità e il dogma da quell’errore chiamato sino a poco tempo fa eresia. Oggi sono infatti gli eterodossi che perseguitano e condannano gli ortodossi, paradosso questo che pare non scandalizzare e non allarmare particolarmente l’autorità ecclesiastica.

martedì 17 settembre 2013

La storia dell'Istituto del Buon Pastore è un altro capitolo della guerra contro la liturgia tradizionale in latino.

Superior stabat lupus
Una vexata quaestio, che per alcuni aspetti ricorda da vicino il "caso" dei Francescani dell'Immacolata, vista e 'letta' dal nostro efficace ed essenziale Esistenzialmente periferico. La riporto, perché è una notizia interessante ed emblematica di ciò che sembra delinearsi nei confronti della Tradizione :

La storia dell'IBP (Istituto del Buon Pastore) è un altro capitolo della guerra contro la liturgia tradizionale in latino.

Avevamo già visto che l'IBP era stato commissariato perché con qualche trucchetto non proprio evangelico le alte sfere romane potessero far "rieleggere" (con una "maggioranza" di quattro voti su nove, di cui uno era quello dell'eletto e un altro era quello del suo segretario) l'abbé Laguérie.

In parole povere: nel 2006 (prima del Summorum Pontificum) la Santa Sede accorda all'IBP l'uso «esclusivo» della liturgia tradizionale in latino, e pochi anni dopo l'IBP viene «commissariato» in modo da favorire la rielezione di chi vuol togliere di mezzo quell'«esclusivo» e introdurre la liturgia Novus Ordo «per motivi pastorali».

Di solito i panni sporchi si lavano in famiglia. Ma quando qualche caporione ne approfittasse per essere colomba in pubblico e serpe in privato, invocando l'ubbidienza per nascondere la propria doppiezza, non si può più tacere.

Tanto più che la "serpe privata" intende spedire in Colombia (il GULag più lontano che aveva a disposizione) il povero don Stefano, reo di aver reso pubbliche alcune stranezze su una pagina su Disputationes Theologicae (che avevo già segnalato il 22 agosto).

L'ultimo aggiornamento di don Stefano:

Tre domande retoriche:
  1. un giovane vocato al sacerdozio che intendeva entrare nell'IBP per la sua peculiarità ma lo vede snaturare con strane manovrine, cosa può pensare?
  2. i "lefebvriani" come potranno considerare un possibile accordo con la Santa Sede, alla luce del fatto che in pochissimi anni vedono prima approvare e poi snaturare l'IBP?
  3. come mai gli stessi che si danno da fare per snaturare l'IBP non levano neppure un fil di voce per criticare almeno un pochino l'enorme sconquasso di certe strane comunità religiose e certi bizzarri movimenti ecclesiali?

Don Mauro Tranquillo commenta la lettera del papa a Scalfari

Ricevo e volentieri pubblico.

La lettera di Papa Francesco ad Eugenio  Scalfari, fondatore del quotidiano "La Repubblica", non è certo un atto di Magistero, e in questo potranno concordare anche coloro che sono soliti rimproverarci su questo punto. È quindi senz’altro possibile discuterla alla luce del Magistero, quello sempre vivo perché interprete e vicario delle parole del Cristo, pronunciate duemila anni fa. Il Magistero, quello vero, non si distingue in vivente o passato: un atto di qualsiasi epoca è sempre vivo e attuale, essendo solo la conferma per noi di quanto detto o non detto da Gesù e dagli Apostoli.

Il fatto che la lettera non sia Magistero, come molti altri atti apparentemente ufficiali dei recenti Pontefici, non toglie che sia un atto gravissimo, perché pubblico e quindi, in caso fosse erroneo, atto a produrre scandalo (cioè cattivo esempio, spinta all’errore) nel lettore.

lunedì 16 settembre 2013

Lettera aperta di un sacerdote al papa che scrive ai musulmani

Don Guy Pagès - Parigi
Riprendo da Traditio Liturgica la Lettera aperta di un sacerdote cattolico della diocesi di Parigi all'attuale papa. L'indicazione che se ne ricava, sottolinea il blogger che l'ha pubblicata, è che la direzione impressa dalle gerarchie cattoliche non è affatto la stessa riscontrabile alla sua base. A cosa (o a chi) obbediscono, dunque, queste gerarchie? Lascio la domanda senza risposta ma questo significa anche - per quanto riguarda il blog - che ogni cambio forzato della liturgia in Occidente non rispecchia necessariamente il volere del popolo. Lo avevo ampiamente sospettato!

Santissimo Padre,

Sia lodato il nostro Signore Gesù Cristo, che vi ha dato la missione di guidare la sua Chiesa!

Mi permetta in nome d'innumerevoli persone scioccate dalla sua lettera ai musulmani in occasione dell'Id al-Fitr, e in virtù del canone 212 § 3[2]: « In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli salva restando l'integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l'utilità comune e la dignità della persona », di condividere con lei le riflessioni di questa lettera aperta.

domenica 15 settembre 2013

La "percezione" che guidò il Concilio

Sempre allo scopo di capire come e perché sono successe certe cose nell'ultimo mezzo secolo, ripesco oggi un lungo articolo di padre Gheddo pubblicato recentemente sulla Nuova Bussola Quotidiana per commentarne alcuni spunti. Conoscendo l'animo sincero e generoso di padre Gheddo si può essere certi che esprime esattamente ciò che ha vissuto.

Inizio citazione (evidenziazioni nostre):
...ho seguito a Roma il Concilio Vaticano II (1962-1965), come giornalista dell’Osservatore Romano per le due-tre pagine conciliari quotidiane e “perito” per il Decreto “Ad Gentes”. Per noi, giovani sacerdoti, quello era il tempo dell’entusiasmo per la diffusione della fede cristiana nel mondo. Il Concilio aveva suscitato molte speranze, aveva riformato e ringiovanito la Chiesa, che (anche per Giovanni XXIII e Paolo VI e la presenza a Roma di circa 2500 padri conciliari!), attirava simpatie e consensi. Soprattutto era un Concilio “pastorale” e non “dottrinale”. Indicava con forza e chiarezza che l’”aggiornamento” delle strutture e il rinnovamento dei metodi pastorali avevano lo scopo primario di poter annunziare Cristo in modo credibile a tutti i popoli. Proprio la missione universale (“ad gentes”) alla quale noi missionari ci siamo consacrati!
La prima testimonianza che ci offre padre Gheddo è la percezione del Concilio Vaticano II: «il tempo dell'entusiasmo per la diffusione della fede» (perché? prima non si diffondeva?), «il Concilio aveva riformato e ringiovanito la Chiesa» (perché? prima era vecchia e stantìa?), «attirava simpatie e consensi» (di chi? e perché?), «annunziare Cristo in modo credibile» (perché? prima non si annunziava in modo credibile?)...

sabato 14 settembre 2013

Ricordiamo i cristiani di Maalula uccisi dai terroristi nell'indifferenza dell'Europa e dell'Occidente

In fondo alla pagina, trovate il video di Rainews24 che riproduce i funerali dei cristiani uccisi a Maalula. Di seguito pubblico alcuni testi per conoscere qualcosa di più su un centro ricco di storia e di memorie della nostra fede, nel quale si parla ancora l'aramaico.
L'aggiornamento che pubblico ora, da L' Observatoire de la Christianophobie di oggi non cambia la tragicità dell'accaduto e, se al momento sembra pressoché riportata la normalità, le minacce purtroppo non sono finite anche in vista di ciò che potrebbe ancora accadere.
Un'informazione fornita ieri sera da Rian Novosti (agenzia di stampa russa), oggi tutto conferma che le ultime sacche islamiste sono state liquidate, e che gli uiltimi di loro hanno abbandonato la città. L’armata governativa siriana ha quasi completamente liberato il centro cristiano siriano – Maaloula – dagli islamisti (…) L’attacco per liberare la città cristiana (…) è stato lanciato dall'Armata araba siriana.I soldati siriani hanno salvato anche i santuari cristiani rimasti intatti dopo i tiri dei ribelli del Fronte Al-Nosra. Vennerdì, è stato annunciato che gli estremisti avevano saccheggiato una delle chiese della città e il monastero di San Sergio (…) La difficoltà dell'operazione era dovuta al fatto che i militari non vaevano il diritto di sparare con i cannoni su edifici religiosi, a prescindere dalla confessione, si trattasse di una cattedrale o di una moschea, Leggi oltre  - [Fonte]

Maalula, il piccolo villaggio dove si parla la lingua di Gesù

Maalula, San Sergio
Un nido d’aquila all’ingresso di una gola. «Ingresso» è d’altronde il significato aramaico del nome di Maalula. Le sue case, quasi attaccate l’una all’altra, scendono verso la valle lungo il fianco accidentato di una montagna del Qalamun, la catena dell’Antilibano. Risiedono 5mila persone in maniera permanente in questa cittadina situata a 56 chilometri a nord di Damasco.
È proprio la lingua aramaica a rendere famosa Maalula, insieme ad altre due località vicine, Bakhaa e Jabdin. Sono 1.800 le persone che si esprimono ancora in questo idioma, parlato da Gesù, ma pochi sono in grado di scriverlo. Anche per questo Maalula è candidata a diventare Patrimonio dell’umanità per l’Unesco.
Maalula, Santa Tecla
La città rappresenta, insieme alla vicina località di Saydnaya, una tappa obbligatoria per tutti i pellegrini cristiani che si recano in Siria. La zona conta, infatti, una quarantina di chiese e monasteri, tra cui spiccano quello dedicato a santa Tecla, abitato da monache ortodosse, e il convento Sergio e Bacco, martiri del 297 sotto Massimiano. Gestito dai sacerdoti greco-cattolici (melchiti), questo convento è stato costruito nel IV secolo sulle rovine di un tempio romano. Le sue numerose grotte, che testimoniano di un’occupazione ininterrotta del territorio da tempi antichissimi, hanno dato luogo a numerose leggende e credenze.
Maalula è infatti al centro di vari racconti relativi alla persecuzione dei cristiani in epoca romana. La stessa santa Tecla si sarebbe rifugiata nella città per sfuggire alla persecuzione della sua famiglia dopo essersi convertita al cristianesimo grazie a San Paolo.
Il villaggio è noto in tutto l’Oriente anche per la solennità con cui viene celebrata la festa dell’Esaltazione della Santa Croce, il 14 settembre, quando vengono accesi dei falò ovunque. Luogo simbolo, nei suoi negozi si vendono registrazioni del Padre Nostro e di altre preghiere pronunciate nella lingua di Cristo.
Camille Eid

Riprendo da tempi.it
l'Appello che gli abitanti di Maloula
hanno scritto ai membri del Congresso americano: 

Signore e Signori
permetteteci di farvi sapere quanto avvenuto oggi nella nostra città di Maloula, prima di ricordarvi dell’importanza di questa città. Alle quattro del mattino, ora di Damasco, i gruppi armati del cosiddetto “Esercito siriano libero”, i terroristi di Jabhat al-Nusra e gli assassini dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante hanno attaccato la nostra città, pacificamente situata nella provincia di Qalamoun. Poi hanno saccheggiato monasteri, chiese, trafugando le loro icone storiche, prima di esigere da tutti gli abitanti di convertirsi all’islam.

Sì, ecco cosa è successo all’alba di questo giorno nella nostra piccola città di Maloula. I gruppi armati si sono diffusi dappertutto, esponendo tutta la loro artiglieria in piazza dopo aver bloccato tutti gli accessi ai luoghi santi.

Questi atti criminali, questi saccheggi sistematici delle città cristiane, questo terrorismo che colpisce gli abitanti fa parte di un piano globale che ha lo scopo di cacciare i cristiani dalle loro terre d’origine. Ecco cosa stiamo vivendo ora che lo Stato è ancora forte. Cosa succederà quando non sarà più così, una volta che l’esercito degli Stati Uniti ci avrà bombardato?

Quello che attende i cristiani delle nostre città e villaggi, nelle mani di organizzazioni terroriste come Jabhat al-Nusra, è semplicemente terrificante. Possiamo forse sperare che tutte le terribili aggressioni subite dai monasteri e dalle chiese dalla cristianità – come a Ghassanieh, a San Simeone, a Homs – finiranno per risvegliare la coscienza del mondo perché riconosca il crimine terrorista commesso ai danni della Siria?

Noi non elencheremo neanche i massacri perpetrati in tutte le città e i villaggi dove abitano quelle che voi chiamate “minoranze”, perché li conoscete già nei dettagli!

Signore e signori, permettete che vi ricordiamo la storia di Maloula, che risale a migliaia di anni fa: all’epoca armena, quando dipendeva dal regno di Homs, all’epoca romana, quando si chiamava Celeokoboles, all’epoca bizantina, quando a partire dal IV secolo è diventata il centro di un episcopato di prima importanza durato fino al XVII secolo.
Permetteteci di parlarvi del Monastero di San Sergio, costruito nel VI secolo d.C. secondo la semplice architettura dell’epoca dei primi martiri. San Sergio era uno dei cavalieri di origine siriana giustiziato sotto il regno di re Maximanus nell’anno 297 d.C. Questo è una monastero che è rimasto intatto fino ad oggi!
Permetteteci di parlarvi del Monastero di Santa Tecla, dove sono conservati i resti della santa, figlia di un principe seleucide e cresciuta da san Paolo. Un luogo ben visibile da tutta la piccola città e dove l’acqua sarà per sempre “acqua benedetta”. Un luogo sorto davanti alla caverna dove lei si è rifugiata dopo essere sfuggita alla persecuzione dei romani. Un luogo che da allora è rimasto un simbolo della spiritualità e una testimonianza della vita dei santi. Qui i religiosi si prendono anche cura di tutti i pellegrini che vengono da ogni parte del mondo. Da lì si possono contemplare i rifugi rudimentali dove i primi cristiani hanno digiunato, meditato e pregato. Questo a riprova che Maloula è una città monastica dove si prega Dio il giorno come la notte.

Tutto questo è Maloula. Un luogo celebre meta di pellegrinaggi, dove una spaccatura nella montagna si riempie e si svuota dell’acqua in funzione delle stagioni, e dove i pellegrini sono venuti a cercare la benedizione, la guarigione e la purezza fin dalla notte dei tempi.
Gli abitanti di Maloula